Gli atti del Corso nazionale di formazione sui Media – Macerata 25-26 Gennaio 2013

Le relazioni e gli interventi (con video e testi) dei relatori al Corso di formazione nazionale svolto il 25 e 26 gennaio 2013 a Macerata sul tema “Impronte digitali-In famiglia, a scuola, nella società”.
Pieghevole Corso di formazione nazionale di Macerata 2013 Pieghevole Corso di formazione nazionale di Macerata 2013

Partecipazione, interesse e voglia di mettersi in gioco nel nuovo ambiente digitale. Così potremmo “fotografare” la due giorni Aiart che si è svolta a Macerata il 25 e 26 gennaio, dal titolo: “’Impronte digitali – in famiglia, a scuola, nella società”.
Un vero successo, sia per la straordinaria presenza di pubblico, fra insegnanti, genitori, educatori, e operatori della comunicazione (circa 400 persone), che per la qualità delle relazioni e degli interventi.
Promuovere la conoscenza e l’importanza sociale, culturale e antropologica che i vecchi e nuovi mezzi di comunicazione esercitano sulla vita degli individui e delle comunità, secondo queste linee guida è stato promosso il Corso nazionale di Formazione dell’Aiart, organizzato in collaborazione con l’Ufficio Comunicazioni Sociali della CEI e con l’Ufficio Scuola e Comunicazioni Sociali della Diocesi di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli – Treia, presso la Domus San Giuliano, con l’obiettivo di offrire un’ulteriore occasione per riflettere sui rischi e sulle potenzialità della nuova cultura digitale.

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21 Dopo il saluto di mons. Claudio Giuliodori, arcivescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia e del Presidente dell’Aiart, Luca Borgomeo, sono iniziati gli interventi, moderati da Paolo Matcovich, vice direttore dell’Ufficio Scuola diocesano, sul tema “Reti sociali: porte di verità e di fede, nuovi spazi di evangelizzazione”.

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A prendere la parola è Mons. Domenico Pompili, Direttore dell’Ufficio Nazionale della Comunicazioni Sociali CEI. “Perché ci aspettiamo di più dalla tecnologia che dalla reciprocità?” È questa la domanda da cui è partita la riflessione di Mons. Pompili. “Il rischio – ha spiegato – è che scambiamo la tecnologia per il “tutto” mentre la tecnologia è solo l’ambiente. Dentro l’ambiente ciò che fa la differenza è la nostra libertà, è la nostra responsabilità: se questo è vero, ci si può attendere di più dalla reciprocità, senza dimenticare la nostra condizione digitale”. In questo contesto, il compito degli educatori “non è inutile perché formare persone critiche significa creare gli anticorpi per vivere meglio in questo ambiente”.
Bisogna cogliere oltre ai rischi, delle opportunità, poichè viviamo sempre di più in un contesto, in cui si perde il confine tra un medium e l’altro. Oggi, infatti, si è creata una situazione di vera e propria post-medialità. Siamo dentro questa atmosfera ovattata, perennemente esposti all’influenza dei media. Questo crea una connessione ininterrotta. In questo contesto sia gli adulti che i ragazzi vedono nei mezzi tecnologici dei piccoli oggetti tascabili che si trasformano in grandi finestre sul mondo. Per i giovani, le cifre sui social network sono impressionanti. Ci sono dei legami fragili, c’è una doppia vita sul web, ci sono alcuni che nel mondo della rete moltiplicano la proprie identità e si rappresentano in modo distinto rispetto alla propria condizione concreta. L’idea di essere persi nella rete non riguarda però solo i giovani, il mondo di facebook non è composto solo da adolescenti ma anche da persone mature, che pian piano entrano in questo nuovo ambiente. Dentro questo mondo ci sono delle opportunità, i social media possono scoraggiare fenomeni di “individualismo” tipico della nostra generazione. Essi esprimono, in realtà, un bisogno di comunità, di interlocuzione con altri, una voglia di partecipazione attiva, in cui occorre dire la propria, anche in chiave pastorale. La presenza sulla rete può dunque essere una opportunità. Un contatto può essere un momento germinale di una relazione che, nel tempo, può portare dei frutti significativi.”
“Questi spazi digitali, – afferma Mons. Pompili citando il Papa – se valorizzati adeguatamente possono rafforzare legami fra le persone e promuovere l’armonia nella comunità. I collegamenti possono maturare in amicizia, le connessioni agevolare la comunione. La rete è una potenzialità per sviluppare legami al di fuori, nell’ambiente reale, ma tutto è lasciato alla nostre decisioni e alla nostra libertà. Il compito degli educatori – ha ricordato Mons. Pompili – non è scontato poichè formare delle persone critiche, vuol dire creare degli anticorpi per vivere meglio dentro questo ambiente”.

Relazione Mons. Domenico Pompili Relazione Mons. Domenico Pompili

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La necessità di “colmare la distanza culturale tra il modo di interagire e interpretare la realtà degli adulti con il mondo dei ragazzi”, vuol dire certamente “immergersi nella multimedialità” ha quindi commentato Giovanni Baggio, vice-presidente nazionale Aiart, all’inizio del suo intervento. Secondo Baggio “i ragazzi non hanno bisogno di essere istruiti sugli strumenti, ma gli educatori, devono recuperare la capacità di portare all’attenzione dei giovani, il senso umano del comunicare” all’interno dell’ambiente digitale. La “media education”, ha infatti, negli ultimi anni, “assunto il compito di aiutare i ragazzi a entrare fino in fondo nel mondo della tecnologia, attraverso dei percorsi per far comprendere cosa si cela dentro al prodotto mediale: produttori autori, tecnici, che purtroppo la gran parte dei ragazzi ignora del tutto ”. C’è l’illusione che i ragazzi siano competenti in tutto e per tutto nell’uso degli strumenti, ma è necessario collocare la comunicazione dentro un percorso storico umano e antropologico.
“C’è un dato: il 72% degli adolescenti davanti a problemi reali e concreti non chiedono aiuto e consigli ai genitori o agli educatori ma fanno sempre riferimento al web. Attraverso i social network i ragazzi si informano, chiedendo sostegno solo ai loro coetanei, in una sorta di chiusura del loro rapporto con gli adulti. I genitori e gli educatori – conclude Baggio – devono aprirsi a questo nuovo ambiente digitale, sfruttandone le potenzialità ed offrendo ai ragazzi esempi veri, autentici e credibili dentro e fuori il web”.

Prof. Giovanni Baggio – Progetto di media education macerata Prof. Giovanni Baggio – Progetto di media education macerata

Su questo argomento interviene anche Lorenzo Lattanzi, presidente regionale dell’Aiart marchigiana: “I ragazzi devono essere aiutati a non subire i messaggi multimediali ma a estrapolare il bene e il male della realtà materiale e della realtà digitale”. “Oggi i mezzi di comunicazione – afferma Lattanzi – possono essere il ponte fra gli adulti e i più giovani, per approfondire anche discorsi e tematiche rilevanti. Bisogna avere la capacità di riconoscere nella vita reale e nell’ambiente digitale ciò che di positivo va valorizzato e ciò che di negativo va accantonato, segnalando e denunciando quei fenomeni che possono essere pericolosi per i nostri ragazzi.” Per Lorenzo Lattanzi “oggi è in gioco l’identità delle persone” e “l’educatore non deve limitarsi a osservare quale impronta lasciano i media su di noi ma quale impronta lasciamo noi sui media”. “I ragazzi devono imparare a porsi delle domande e a dare un senso a tutte le informazioni che ricevono dai vari media e social network”.

Dott. Lorenzo Lattanzi – Impronte Digitali Dott. Lorenzo Lattanzi – Impronte Digitali

Conclusa la prima parte degli interventi all’interno dell’aula sinodale presso la domus San Giuliano, i lavori sono continuati la sera, con una rassegna cinematografica curata dal Prof. Sergio Perugini dell’Università Luiss Guio Carli, dal titolo: “Il successo della fiction religiosa – Testimoni di fede, campioni di audience”.
Nell’interessante relazione del Prof. Perugini vi è l’accoglienza riservata a fiction televisive che si sono trasformate in veri e propri fenomeni della televisione italiana. Fra l’altro, – sottolinea Perugini – i film tv a carattere religioso sono una peculiarità specifica del nostro Paese, che non ha equivalenti di questo rilievo in altre nazioni europee”.
Il pregio di questi lavori è l’ampio spazio che viene concesso, a temi e figure religiose, in ambito televisivo, e quello di aver ricondotto l’attenzione su temi e figure dimenticati dalla televisione, a seguito dell’ingresso della tv commerciale. Non solo, la portata divulgativa ed educativa, di queste opere potrebbe favorire un ritorno all’approfondimento di carattere religioso, in un contesto, come il piccolo schermo, in cui troppo spesso prevalgono film e programmi violenti, volgari ed altamente nocivi per i minori. Tuttavia – ha affermato Perugini – c’è il rischio di smarrimento di senso, di una scrittura incline a semplificazioni e banalizzazioni per rendere il prodotto più accessibile ai telespettatori e un tipo di racconto in chiave forse troppo “eroica” delle figure religiose.

Prof. Sergio Perugini – Il successo della fiction religiosa – Testimoni di fede, campioni di audience Prof. Sergio Perugini – Il successo della fiction religiosa – Testimoni di fede, campioni di audience

 

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Chiusa la prima giornata, il corso è stato riaperto dall’incontro con gli operatori dei media, con l’interessante Tavola rotonda dal titolo: “La tutela giuridica e formativa degli utenti dei media”.
La serie di interventi coordinati da Vincenzo Varagona, giornalista Rai delle Marche, inizia con Massimiliano Padula, Docente e Direttore dell’Ufficio stampa e comunicazione della Pontificia Università Lateranense.
Nella sua relazione si delinea un quadro molto chiaro della Rete :“L’ambiente digitale è un luogo, duttile, creativo, dove utente e creante non sono più termini contrapposti ma due ruoli intercambiabili”. Inoltre, parlando dei processi di stravolgimento in atto nel settore della comunicazione, Padula arriva addirittura a paragonare la navigazione wireless al processo di urbanizzazione dell’Ottocento: “mentre il processo di adattamento in quel secolo ha richiesto decenni, oggi, con la cultura digitale, i tempi di assimilazione sono velocissimi, e scompare l’attesa, l’ignoto e l’insoluto”: in poche parole “l’ambiente digitale è l’ambiente del presente”. Sostiene Massimiliano Padula: “Tra le posizioni di chi pensa che l’ambiente digitale e reale siano “integrati” e chi ha una “visone diffidente e conoscente dei rischi”, c’è la possibilità di una terza via dei “giovani nativi che vivono in un bozzolo autoreferenziale in cui possono fare qualunque cosa, una via in cui comunque primeggia sempre l’uomo”.

Prof. Massimiliano Padula – Impronte digitali Prof. Massimiliano Padula – Impronte digitali

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Sul piano delle norme e delle regole nel settore della comunicazione invece interviene il presidente nazionale dell’Aiart, Luca Borgomeo, che ha spostato il dibattito sulla tutela degli utenti che, purtroppo, oggi risulta molto meno efficace rispetto al passato, sia per l’aumento esponenziale dei messaggi sia perché le norme sono troppo spesso inadeguate”.
Per quanto riguarda la situazione radiotelevisiva italiana Borgomeo ha ricordato che “da 20 anni manca il pluralismo dell’informazione nel nostro Paese, vivendo in uno sistema di duopolio televisivo che raccoglie l’88% della pubblicità televisiva, uno stato di cose, che ha determinato un abbassamento della qualità della programmazione e un aumento delle violazioni”.
Il sistema radio televisivo italiano è, in rapporto ai Paesi dell’Unione europea, sempre agli ultimi posti delle classifiche di settore. Su quali basi? “In primis, – ricorda Borgomeo – la tutela non è paragonabile agli altri Paesi; in Italia l’Auditel è chiuso agli utenti e non esiste Paese democratico, in cui un elemento così cruciale, come la rilevazione dei dati di ascolto, influenzi la distribuzione della pubblicità e di riflesso la programmazione. Attraverso l’Auditel si definiscono i criteri per i quali si sceglie di produrre un programma o addirittura la definizione di interi palinsesti.
“Registriamo una certa preoccupazione, – afferma Borgomeo – anche per la mancata ricostituzione del comitato media e minori, strumento di fondamentale importanza, e nonostante gli appelli e le esplicite richieste, di associazioni di utenti, di telespettatori, di genitori, purtroppo da parte del Ministero dello Sviluppo Economico non solo non si è provveduto a ricostituire il Comitato, ma non si è nemmeno ritenuto opportuno riscontrare le richieste e, soprattutto, spiegare il gravissimo ritardo”. Il presidente dell’Aiart ha auspicato che le istituzioni, nell’ambito delle proprie competenze, si adoperino per mettere finalmente la parola fine a un comportamento così grave che danneggia prevalentemente i minori”.

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A chiudere il corso di formazione è Mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata e presidente della Commissione episcopale cultura e comunicazioni sociali della CEI.
La domanda da porsi per Mons. Giuliodori è: “Cosa determina la socialità di uno strumento di comunicazione? “La sua possibilità di configurare l’esperienza autentica della persona – ha sottolineato il Vescovo. Il fatto che ci siano dei network non vuol dire che automaticamente ci sia la relazione” e dato che dalla comunicazione sociale dipende la realtà umana, “dobbiamo domandarci se essa si sviluppi a servizio della persona”.
“I social network infatti amplificano sia i rapporti che le conflittualità. Nella rete vi è lo sfogo della violenza, del turpiloquio, di espressioni di aggressione verbale. Veri e propri amplificatori delle dinamiche umane. Sul campo della comunicazione – per Mons. Giuliodori – l’autoregolamentazione significa non avere nessun controllo. Su una materia così delicata si deve sviluppare una seria riflessione poiché, oggi, i mezzi di comunicazione si sviluppano sempre di più nel manipolare il senso dell’umano. Abbiamo bisogno di scuotere le coscienze – ha concluso Giuliodori – abbiamo bisogno di più interventi come la presa di posizione dell’Aiart sul caso “Guzzanti”. Un vero e proprio esempio per reagire, per poter far capire ai cittadini che è possibile contrastare certi programmi costruiti in modo artificiale solo per aumentare i contatti auditel, al fine di vendere spazi pubblicitari, di fare scandalo, di fare scalpore.”
Mons. Giuliodori, citando il messaggio del Papa per la Giornata delle comunicazioni sociali, ha ricordato che “i mezzi sociali sono potenziali porte alla verità e alla fede” e dentro questa sfida la Chiesa “deve spalancare le porte dei network facendoli diventare ‘social trascendenti’, capaci cioè non solo di mettere in contatto le persone ma di metterle in relazione con il mistero ultimo del loro destino”. Borgomeo, alla fine dei lavori, ha ringraziato Mons. Claudio Giuliodori per l’attenzione e l’interesse che la diocesi di Macerata riserva al settore delle comunicazioni, alle nuove tecnologie, alla tutela e alla formazione degli insegnanti, degli educatori e degli utenti. “Se tutte le strutture Aiart, con l’aiuto e l’impegno delle diocesi, seguissero l’esempio di Macerata – ha affermato Borgomeo – la nostra associazione potrebbe raggiungere grandi risultati, e aumentare il proprio peso nel settore delle comunicazioni”
La due giorni di Macerata si è rivelata, dunque, come un’ottima occasione per discutere, confrontarsi e riflettere su tematiche così importanti e così attuali e per promuovere un’autentica presa di coscienza sia dell’incidenza sia della rilevanza che i mass-media esercitano sulla vita degli individui e delle comunità, per il nostro presente e per il futuro della società.

RASSEGNA STAMPA

Link al servizio del TG3 – Marche dell’1/2/13:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9bec23b8-e1ed-4810-afb9-094925010319-tgr.html
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