Ludopatie, un’app per la cura

Psicologia, tecnologie HMD e passione: sono i tre pilastri del progetto innovativo, per la cura delle dipendenze dal gioco d’azzardo, in fase di sperimentazione a Verona. Un’applicazione della tecnologia che potrebbe rivelare i primi esiti positivi già dal 2020.

di Daniela Zambonini
da Il Telespettatore N° 8/10 2019

La Computer Graphic 3D e una App di realtà virtuale immersiva per curare le dipendenze dal gioco d’azzardo, le cosiddette ludopatie. Il progetto innovativo è in fase di sperimentazione a Verona. Frutto di una collaborazione e dell’unione, per l’occasione, di due mondi tanto distanti quanto af fascinanti: quello della psicologia, dello studio della mente e del corpo umano e quello delle tecnologie HMD – i visori per le realtà virtuali.
Un progetto nato dall’incontro di due passioni, di due persone, Rosaria Giordano psicologa borsista al Servizio di Medicina delle Dipendenze dell’Azienda Ospedaliera di Verona con Eugenio Perinelli, docente di ComputerGraphic 3D all’Istituto Palladio di Verona, direttore creativo della start-up veronese Ximula (Plumake srl) e parte del direttivo di Fab Lab – associazione nata sul modello del MIT di Cambridge – una sorta di laboratorio che offre servizi di fabbricazione digitale.
L’incontro avviene ad un workshop sulla realtà virtuale e dopo alcuni mesi – lo scorso agosto – i due iniziano a lavorare su un progetto ambizioso – creare gli scenari di realtà virtuale immersiva da applicare al percorso psicoterapico per la cura delle ludopatie. “Colma il GAP – Gioco d’Azzardo Patologico”, attivato a Verona nel 2017, è il Servizio di ambulatorio specialistico dell’Unità operativa di Medicina delle Dipendenze per il trattamento del gioco d’azzardo. Del team fanno parte, oltre a Giordano, altri tre psicologi e cinque psicoterapeuti ed un avvocato per la consulenza legale dei ludopatici.
È questo il gruppo di lavoro che supporta il progetto che gode del finanziamento triennale della Regione Veneto. Anche Perinelli ha un proprio team alle spalle con il quale si occupa di consulenza e sviluppo e mette a disposizione dei professionisti know-how e dispositivi. “Al momento stiamo lavorando alla costruzione degli scenari di realtà virtuale immersiva, le ambientazioni tridimensionali realizzate al computer”, spiega Perinelli; “una volta testati gli scenari inizierà il collaudo – continua Giordano – e poi si potrà passare all’utilizzo con i pazienti presumibilmente nel 2020”. Dal 2017 ad oggi nel frattempo l’ambulatorio ha preso in carico oltre un centinaio di ludopatici. Ma cosa cambierà ora?
“Gli scenari che stiamo realizzando – afferma Giordano – verranno utilizzati per rilevare con misure oggettive e soggettive il craving (desiderio) che il giocatore patologico prova se esposto a stimoli condizionati. Per esempio il mostrare la slot machine piuttosto che il Gratta e vinci, ecc.”. In base alla dipendenza si crea quindi un percorso ad hoc, mentre il paziente affronta la psicoterapia, prima, dopo e durante l’esposizione alla realtà virtuale. “L’obiettivo è quello di prevenire la ricaduta del comportamento patologico – continua Giordano –.
Lo scopo è quello di desensibilizzare il paziente agli stimoli per ottenere l’abbassamento dell’attivazione fisiologica correlata alle sollecitazioni”. Come per tutte le dipendenze infatti, spiega Giordano, di fronte agli stimoli ambientali collegati all’oggetto di dipendenza (sostanze o comportamenti), si attivano nella persona reazioni a livello psico-fisiologicocomportamentale: sudorazione, accelerazione del battito cardiaco, tensione emotiva. “Il meccanismo di dipendenza coinvolge a livello neurofisiologico i sistemi dopaminergici (centri del piacere)”.
Come agire quindi?
“L’esposizione agli stimoli è seguita contemporaneamente da pratiche di rilassamento e interventi psicoterapici che prendono in considerazione il desiderio anche a livello cognitivo-comportamentale ed emotivo”.
Dal punto di vista tecnologico “la richiesta era quella di creare delle ambientazioni per la realtà virtuale immersiva che impegna cioè in contemporanea il campo visivo e l’udito per isolare dalla realtà usuale – approfondisce Perinelli –; per fare ciò abbiamo scelto dispositivi HMD (head mounted display – schermo montato sulla testa) di ultima generazione dal punto di vista hardware e li abbiamo abbinati con motori HI-END (di fascia alta) da videogiochi tridimensionali”. Così si proietta un mondo all’interno del quale il soggetto può interagire con gli oggetti pur non sentendoli al tatto bensì soltanto con la vista e l’udito.
La messa a punto di questo “mondo” ha richiesto un mese di lavoro per cinque persone-modellatori soltanto per la creazione delle geometrie, architettura e props (oggetti delle scenografie, come da linguaggio cinematografico). “In seguito la programmazione consente di creare esperienze ad hoc”. Con le tecnologie di ultima generazione inoltre vengono superati i problemi che fino a quattro, cinque anni fa potevano insorgere nelle persone, la cosiddetta “motion sickness”, la nausea da realtà virtuale: “problema ora molto raro grazie al perfezionamento dell’hardware come della progettazione delle esperienze”, spiega Perinelli”. “Il progetto per la cura delle ludopatie- conclude Giordano– è quindi confortevole da questo punto di vista – perché permette al paziente di concentrarsi sugli obiettivi della terapia e avviene in un contesto protetto, lo spazio di un ambulatorio”.
È questo un importante esempio di applicazione della tecnologia che potrebbe rivelare esiti positivi in campo medico psicoterapico per una problematica tanto delicata quanto diffusa come quella delle dipendenze dal gioco d’azzardo.