Mons. Galantino all’Aiart: “Indossate gli occhiali della Buona Notizia”

Seguire la logica della buona notizia significa porre al centro l’Uomo e decifrare uno stile comunicativo adeguato che non conceda al male l’ultima parola e illumini sentieri di fiducia e di speranza: due istanze essenziali che l’Aiart, da più di 60 anni, prova a concretizzare

Sull’ultimo numero de Il Telespettatore l’editoriale del Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.

Speranza e fiducia. Sono queste le due istanze che accendono il motore della nostra azione di comunicatori. Ancora di più in questo tempo afflitto da angoscia e paura e dal nostro effimero sintonizzarci sulle cattive notizie. Papa Francesco ce lo chiede non solo attraverso le parole del Messaggio per la 51ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali ma ogni giorno, testimoniando se stesso e una Chiesa che si fa madre amorevole e maestra saggia. Una chiesa di Misericordia che si sforza di ricercare uno “stile comunicativo aperto e creativo”, lontana da protagonismi e predisposta alle soluzioni. Buona Notizia vuol dire anche questo: contribuire a realizzare un umanesimo dove le relazioni siano ponti autentici e non opportunità di scontro, dove ogni persona si senta a casa dappertutto e soprattutto dove i più deboli vengano tutelati. Un umanesimo dove anche l’informazione possa diventare uno strumento meraviglioso di comunicazione e non un nuovo potere da cui difendersi. Come comunicatori siamo chiamati, quindi, a un intenso lavoro di ricerca che non può essere fatto se non attraverso un umile esercizio dell’ascolto. “Siamo grandi – spiegava il Beato Rosmini – perché siamo bisognosi”. Di capire proposte di media education, il suo proficuo lavoro formativo la rendono un punto di riferimento dell’universo associativo in materia di media e comunicazione. E di questo la Chiesa Italiana non può che essere felice. Io, come Segretario Generale, seguo le attività dell’Associazione e mi congratulo con tutti coloro che, a livello nazionale o territoriale, operano quotidianamente. Concludo esortandovi ancora una volta – come ci chiede il Santo Padre – a non aver paura di comunicare la Buona Notizia. Comunicare non vuol dire soltanto parlare, scrivere, postare o mettere in scena. Ma anche fare silenzio e vivere la propria vita con e nel Signore Gesù Cristo. A questo proposito, concludo questa mia riflessione condividendo un piccolo stralcio di uno scritto di Dietrich Bonhoeffer (La fragilità del male, Milano, Piemme, 2015) che mi pare descriva molto bene i rischi di una comunicazione caotica e autoreferenziale tipica di questo nostro tempo: “Preferiamo – scriveva il teologo tedesco – andare al cinema o a teatro per poi essere portati al cimitero, piuttosto che rimanere un minuto di fronte al Signore”.

Nunzio Galantino

Segretario Generale

Conferenza Episcopale Italiana