Ora il follower sconosciuto ti segue davvero: il social degli incubi fra ricerca e provocazione

Lauren McCarthy, artista digitale e programmatrice newyorkese, ha lanciato un sito e un’applicazione piuttosto inquietanti per candidarsi a essere concretamente seguiti o a diventare seguaci. Sorvegliando per una giornata la vita di una persona. Di Simone Cosimi dal sito de la Repubblica del 21 febbraio 2016

E SE UN FOLLOWER ci seguisse davvero? Sembra la materializzazione di una vecchia gag di Diego “Zoro” Bianchi, il conduttore del programma tv Gazebo esploso con le sue clip politiche, eppure esiste. L’inquietante idea, ancora allo stadio iniziale, si chiama appunto Follower ed è venuta a Lauren McCarthy, artista e componente dell’Interactive Telecommunications Program della New York University.

In cosa consiste? Ci si collega alla piattaforma, ci si candida a essere seguiti e, se la richiesta viene accettata, si scarica un’applicazione che tramite il segnale Gps trasmetterà in tempo reale la nostra posizione a un follower misterioso, notificandoci l’inizio del singolare pedinamento. Un enigmatico seguace che non vedremo mai e con cui non verremo mai in contatto. Almeno, questo prevedono le regole: nessuna intromissione nelle vite altrui. Eppure proveremo il brivido di sapere che c’è, esiste, e ci sta spiando. Oppure, visto che ne siamo coscienti e abbiamo dato il nostro consenso, ci sta conoscendo. Ma da un punto di vista totalmente opposto rispetto a quello dei tradizionali social network fatti di “mi segui” e “ti seguo” elettronici. Stavolta il contatto ci segue davvero. Per strada.

Sarà come provare la sensazione di sentirsi tallonati di notte? Chissà. Secondo la fondatrice l’idea di base è che avere un compagno invisibile ma concretamente presente possa spingerci ad aggiungere un po’ di pepe, avventura o divertimento alle nostre giornate. Oppure confortarci del fatto che quando compiamo delle buone azioni non siamo gli unici a rendercene conto. In concreto, ci arriverà una notifica la mattina in cui il follower si metterà in azione, il pedinamento durerà 12 ore e si concluderà con una nostra foto scattata dal seguace spedita tramite l’app, un souvenir della giornata passata insieme ma a distanza di sicurezza. Un’operazione che ha più i caratteri di un gioco di ruolo calato nella vita reale che di un social network. Ma in fondo è la traduzione di quello che accade nell’esistenza digitale nel mondo reale, troppe volte distorta proiezione individuale.

“C’è qualcosa di eccitante e intenso nello svegliarsi ogni mattina e non sapere dove mi condurranno – ha raccontato McCarthy, che al momento è l’unica follower, al sito Creative Applications – li seguo tutto il giorno e guardo, iniziando a immaginare come siano, cosa pensino e dicano, tentando di indovinare dove siano diretti. C’è qualcosa di stranamente intimo: alla fine della giornata mi sento come se li conoscessi e come se avessimo avuto una lunga esperienza insieme”. Ci si può ovviamente candidare anche per diventare follower, oltre che per essere seguiti. L’hanno già fatto decine di persone.

La provocazione è più che evidente. Al confine con la performance permanente. La McCarthy, non a caso, è un’artista digitale, una programmatrice che risiede a Brooklyn e da anni concentra il suo lavoro di ricerca sui temi della conoscenza e dell’interazione, online e offline. Ma anche del controllo, della sorveglianza, dell’autorità. Nel corso del tempo ha messo in piedi una serie di altri progetti più o meno utili ma tutti comunque orientati a scardinare le logiche asfissianti e precostituite che le piattaforme e i servizi dei colossi hi-tech tentano di disegnarci intorno. Fra questi, il manipolatore di emozioni su Facebook, per recuperare il controllo della propria bacheca, un’app per gestire le relazioni personali, Conversacube, un dispositivo per stimolare le conversazioni fra le persone, o Social Turkers, un format con cui McCarthy – laureata in arte all’università della California e in computer science al Mit di Boston – trasmette in streaming i propri appuntamenti stabilendo come comportarsi e cosa dire in base ai commenti degli spettatori.

“Li ho seguiti sotto la pioggia, li ho guardati giocare a tennis, cenare con gli amici, seguire un film, fare la spesa, uscire e rientrare da casa – ha spiegato ancora l’artista e programmatrice, che ha faticato non poco per far approvare la propria applicazione sull’App Store – certe volte mi è sembrato che stessero facendo cose sono per me, o forse non mi hanno scorto ma non ne sono mai stata sicura. Alla fine della giornata, senza aver mai interagito, li lascio, ed è l’ultimo contatto. Un tema percorso da molti artisti negli anni, da Vito Acconci a Sophie Calle fino a Jill Magid, per citarne solo alcuni. Oggi l’argomento è reso più complesso dal nostro desiderio di seguaci e di connessione ma anche dalla normalizzazione della sorveglianza e dalla fiducia in applicazioni e servizi di sharing economy”.