Innovazione digitale. Per un’Italia “locomotiva” d’Europa

La Commissione esplicita la sua diagnosi del male italico: “l’assenza di competenze digitali di base è la ragione principale del basso tasso di adozione della banda larga fissa. In effetti, il 37% della popolazione non usa internet regolarmente e il restante 63% svolge poche attività complesse online”. Editoriale di Claudia di Lorenzi sul n. 8 di marzo 2016 di Reputation Today.

 

Innovazione digitale
per un’Italia “locomotiva” d’Europa

“Il 2015 è andato meglio del 2014: un anno fa si diceva che l’Italia era in stagnazione perenne, ma se guardiamo i dati del 2015 vediamo che il Pil torna a crescere. Siamo a più 0,8%. E l’Italia tornerà nei prossimi anni ad avere il ruolo di leadership in Europa”. E’ uno dei passaggi chiave del discorso di fine anno del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che oltre a tracciare un bilancio positivo – ovviamente – del lavoro fatto, guarda con ottimismo al futuro e lancia una sfida a dir poco audace: l’Italia tornerà ad essere la “locomotiva” d’Europa. Un Paese che traina, insomma, e che non sta al rimorchio di altri, che disegna prospettive e detta tempi e ritmi di realizzazione, che si fa modello e non imitatore suo malgrado, che diventa interprete di riferimento per quei principi fondativi della Comunità europea che richiedono nel tempo attuazione sempre nuova.

Un auspicio che non possiamo non condividere, pur consapevoli che la strada da percorrere è ancora lunga e non priva di ostacoli. Soprattutto se ancora oggi le ambizioni dei nostri leader si scontrano con deficit e ritardi intollerabili su uno degli asset strategici per lo sviluppo e la crescita di ogni Paese “moderno”: l’innovazione digitale.

A ricordarcelo sono proprio le istituzioni europee che inchiodano l’Italia al 25.mo posto sui 28 Stati membri dell’UE in fatto di digitalizzazione dell’economia e della società (*), in calo di una posizione rispetto al 2015. L’indice Desi (Digital Economy and Society Index), elaborato dalla Commissione europea, attribuisce all’Italia nel 2016 un punteggio complessivo pari a 0,4: un dato sotto la media dell’Unione Europea che raggiunge lo 0,52 ed anche sotto la media del gruppo dei Paesi “in fase di recupero” , a cui l’Italia appartiene, che conquista lo 0,45. Secondo il rapporto della Commissione UE, il nostro Paese “nell’ultimo anno ha fatto pochi progressi in relazione alla maggior parte degli indicatori. Una delle eccezioni riguarda il ruolo maggiore del commercio elettronico nel fatturato delle PMI (8,2% del totale), ma l’industria italiana potrebbe trarre vantaggi da un uso più diffuso delle soluzioni di eBusiness”. Inoltre, “la copertura delle reti NGA – le reti di accesso di nuova generazione ad alta velocità, realizzate in fibra ottica – è passata dal 36% delle famiglie nel 2014 al 44% nel 2015, ma i progressi sono ancora troppo lenti” e gli abbonamenti alla banda larga veloce vengono sottoscritti solo dal 5,4% dei nuclei familiari. La Commissione esplicita quindi la sua diagnosi del male italico: “l’assenza di competenze digitali di base è la ragione principale del basso tasso di adozione della banda larga fissa. In effetti, il 37% della popolazione non usa internet regolarmente e il restante 63% svolge poche attività complesse online”.

Un’indagine recente promossa da University2Business dal titolo “Il futuro è oggi, sei pronto?” (**) – supportata fra gli altri da CheBanca!, Cisco, Engineering, IBM, Italtel e Nestlé – offre un focus sulle competenze digitali e la sensibilità imprenditoriale degli studenti universitari italiani, confermando il deficit di formazione in fatto di innovazione digitale. La ricerca mostra che la maggior parte degli studenti ha un approccio passivo al mondo digitale e non è sufficientemente consapevole dell’importanza delle competenze digitali nella ricerca di un’occupazione: sebbene tutti usino internet e social media, l’80% non ha nessuna esperienza nella gestione di progetti digitali (un blog, un pagina Facebook, un canale youtube o la vendita online) e il 75% non ha conoscenze teoriche sull’innovazione digitale applicata al business e non sa dare la definizione giusta di concetti come mobile advertising, cloud, fatturazione elettronica o big data. Riguardo le competenze nello sviluppo di software solo il 10% degli studenti sa già sviluppare e oltre il 20% sta imparando a farlo, mentre rispetto all’approccio imprenditoriale il 30% degli universitari ha frequentato un corso su come creare una nuova azienda e quasi il 40% dichiara di aver avuto almeno un’idea di business. Fra questi ultimi uno su due ha avviato un’attività imprenditoriale o sta cercando di farlo.

Dal canto suo, ad onor del vero, il Governo ha pianificato e messo in campo una serie di misure volte a favorire la progressiva digitalizzazione del Paese, con interventi rivolti al pubblico e al privato, alle istituzioni, alle imprese e ai cittadini. Sotto l’egida della Presidenza del Consiglio, l’Agenzia per l’Innovazione Digitale (AgID http://www.agid.gov.it/ )coordina le iniziative di attuazione dell’Agenda Digitale Italiana (che trae ispirazione e guida dall’Agenda Digitale e Europea), che prevede tra l‘altro un “Piano nazionale per la banda ultralarga”, con potenziamento delle infrastrutture, abbassamento dei costi, incentivi e stimoli alla domanda; e un “Piano per la crescita digitale 2014-2020”, con interventi su sanità, giustizia, turismo, agricoltura, sicurezza. Si parla di Servizio Pubblico d’Identità Digitale (SPID), pagamenti elettronici, fatturazione elettronica, Open Data, alfabetizzazione digitale e di dotare di wi-fi tutti gli uffici pubblici. E poi di favorire la progressiva digitalizzazione della pubblica amministrazione, dei suoi servizi e dei suoi sistemi di raccolta, archiviazione, analisi e diffusione dei dati. E ancora di incoraggiare l’adozione di nuove tecnologie digitali da parte di imprese e singoli cittadini, e la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie digitali per le imprese e per la comunicazione. Non mancano interventi sulla scuola, per la formazione di alunni, insegnanti e dirigenti, in buona parte inseriti nella riforma da poco approvata: nell’ambito del Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD), ogni istituzione scolastica deve dotarsi di animatori digitali e di un team per l’innovazione digitale composto da docenti, assistenti amministrativi e personale per l’assistenza tecnica, da sottoporre a formazione specifica con esperienze anche all’estero. Inoltre sono incoraggiati e sostenuti i progetti volti all’insegnamento della programmazione fin dalle classi minori.

Insomma, consapevole di un gap intollerabile, con uno sguardo costante verso i più virtuosi cugini europei, il Governo si dà da fare: per diventare o ridiventare leader in Europa bisogna essere anche competitivi e all’avanguardia, non solo sui mercati ma anche nel funzionamento delle istituzioni e del mondo della scuola, nel campo della salute e del lavoro, nella gestione della macchina burocratica e nell’aggiornamento dei sistemi di sicurezza, in fatto di trasparenza e legalità, nella lotta agli sprechi e nella riduzione e revisione della spesa pubblica. Obiettivi per il raggiungimento dei quali l’adozione di strumenti e tecnologie digitali risulta estremamente funzionale.

Intanto però anche i privati scendono in campo, e – come raccontiamo in questo numero – anche aziende da sempre impegnate nel mondo della comunicazione e dell’ITC scelgono di investire nella formazione al digitale, di ragazzi e non solo, per favorire lo sviluppo del Paese e per promuovere l’incontro fra i giovani e il mondo del lavoro.

Del resto i vantaggi della “conversione” al digitale sono innumerevoli e una vera e propria rivoluzione prende piede nei più svariati ambiti: dal mondo delle imprese e dei media, dove ha trovato più immediata applicazione, a quello della salute e della scuola, per arrivare all’universo variegato della pubblica amministrazione dove si fa strada fra resistenze maggiori. In ogni dimensione si tratta di un processo in larga parte irreversibile: piuttosto che resistere alla corrente conviene imparare a cavalcare le onde. Nelle pagine a seguire, per i più nostalgici in particolare, declinazioni variegate di questa silenziosa rivoluzione.

Claudia Di Lorenzi

(*) : https://ec.europa.eu/digital-single-market/scoreboard/italy
(**): http://www.ilfuturoeoggi.it/la_ricerca.php