Maltrattamento istituzionale

Abuso di potere, negligenza, omissione: parole forti che identificano un aspetto particolare di violenza, ancora poco indagato eppure perpetrato e con effetti da non sottovalutare. Si tratta del maltrattamento istituzionale: un fenomeno che necessita di essere indagato, riconosciuto, nominato, affrontato. Intervista ad Aurea Dissegna, sociologa con formazione psico-sociale, già Giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni e Consigliere onorario presso la Corte d’Appello, Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Veneto e Garante delle persone private della libertà personale.

Come nasce l’idea di un volume dedicato al maltrattamento istituzionale?
Quali le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere quella che è una vera e propria denuncia fatta di riflessioni, nodi da sciogliere ma anche proposte.
Aurea Dissegna – L’idea di approfondire l’argomento del maltrattamento istituzionale nasce da lontano, da riflessioni maturate nel corso delle mie varie esperienze di lavoro. La motivazione si è però fatta sentire più forte nel periodo in cui sono stata la Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della regione Veneto. In questo ambito l’ampiezza delle richieste di consulenza, di mediazione dei contenziosi e conflitti tra istituzioni, o tra istituzioni e famiglie, di segnalazioni di cittadini seguiti dai servizi in cui venivano lamentati soprusi, mi hanno fatto maturare la convinzione che esista un maltrattamento, quello istituzionale, che si aggiunge, amplifica, aggrava quello che ha motivato l’intervento dei servizi.

Lei definisce il maltrattamento istituzionale come forma di violenza subdola e sfuggente che si somma e amplifica quella che ha motivato
l’intervento. Spieghi ai nostri lettori di cosa si tratta esattamente?

A. Dissegna – È un maltrattamento riconducibile a forme di mancato ascolto di minori di età o delle loro famiglie, a volte di abuso di potere da parte di operatori, di violenza omissiva, quando ad esempio si ritarda o non si segnalano all’Autorità Giudiziaria situazioni di pregiudizio o di rischio di
pregiudizio, o non si attuano interventi disposti dall’Autorità Giudiziaria stessa. Altri esempi sono la discontinuità della presa in carico (cambio o mancata sostituzione di operatori per molto tempo) l’insufficiente o inesistente coordinamento tra le istituzioni, interferenze o condizionamenti da parte di amministratori (Sindaci, Assessori) sulle scelte tecniche degli operatori. È spesso impossibile risalire alle responsabilità.

L’articolo completo è disponibile nel nuovo numero del Telespettatore a questo link. © Immagine: UniPD – Centro per i diritti umani