POLEMICHE PER LO SPOT AMICA CHIPS. AIART: “I SIMBOLI DI TUTTE LE RELIGIONI NON SI TOCCANO”

L’AIART chiede l’immediata sospensione del nuovo spot di Amica Chips, l’azienda alimentare italiana che “offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti oltre che oltraggioso nel banalizzare l’accostamento tra la patatina e la particola consacrata”. Giovanni Baggio – presidente nazionale dell’Aiart – non usa mezzi termini e si scaglia contro uno spot che definisce “penoso. Il tentativo di risollevare un’azienda ricorrendo alla blasfemia”.

“Uno spot definito inaccettabile e segnalato dall’Aiart all’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria in quanto «contrario agli articoli 1 e 10, lealtà della comunicazione, convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona, del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale».

“E’ la spia di una sensibilità sociale ed indifferenza etica che non contraddistingue soltanto il comportamento di una azienda e di un pubblicitario. Ci si appella al politically correct e alla cancel colture ma solo contro la religione cristiana ( ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?, continua l’associazione cittadini mediali che si fa portavoce dell’indignazione degli utenti che definiscono ‘Amica Chips blasfema’.

“Lo spot di Amica Chips è mancanza di rispetto e di creatività, oltre che spia dell’ incapacità di fare marketing senza ricorrere a simboli che con il consumo e il croccante nulla hanno a che fare”: continua così il presidente dell’Aiart, l’associazione cittadini mediali con sede nazionale in uno dei poli comunicativi della Conferenza Episcopale Italiana.
“L’offesa al sentimento religioso di qualunque confessione, conclude l’associazione cittadini mediali, è la spia della mancanza di rispetto nei confronti degli utenti, della loro identità culturale e morale, della loro dignità di persona. Strappare, come fa il nuovo spot di Amica Chips , un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità”. Per la serie, “Purché se ne parli”.