Prevenire e contrastare la piaga del cyberbullismo

La via maestra è la media-education. Il ruolo insostituibile dei genitori e delle strutture scolastiche. Ma è indispensabile la regolamentazione anche legislativa del settore, prevedendo sanzioni per le violazioni. I pubblici poteri non possono – come Le stelle di Cronin – stare a guardare. Di Domenico Infante
Viviamo in un’epoca digitale, iniziata sostanzialmente con l’avvento di internet, che ci ha stravolto la vita, ha avuto lo stesso impatto traumatico sulle persone pari a quello che ebbe la scrittura (circa tremila anni fa) e la stampa (a caratteri mobili di Gutenberg circa 500 anni fa).

In tali circostanze, sempre, si sono verificati traumi di accettazione, di smarrimento, di impotenza rispetto ad un fenomeno innovativo straordinario, di incapacità emotiva ad assimilare competenze che coinvolgevano non solo la mente ma anche i propri stili di vita, la propria tradizione culturale e spesso anche la capacità di apprendimento che rispetto ai fenomeni innovativi viene a modificarsi.

A titolo di esempio, per esprimere, a dir poco, le perplessità che si generano, vorrei ricordare il mito di Theuth nel Fedro in cui Platone – servendosi di Socrate nel dialogo – dice: “Perché vedi, o Fedro, la scrittura è in una strana condizione, simile veramente a quella della pittura. I prodotti cioè della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se li interroghi, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano le parole scritte: crederesti che potessero parlare quasi che avessero in mente qualcosa; ma se tu, volendo imparare, chiedi loro qualcosa di ciò che dicono esse ti manifestano una cosa sola e sempre la stessa”.

Platone forse si sbagliava perchè sono le modalità di apprendimento che vengono sollecitate in queste occasioni e la mente dell’uomo, nei secoli, ha acquisito una progressiva capacità di adattarsi al nuovo. Ma è la capacità di apprendimento che entra in gioco perchè, in presenza di soggetti diversi sottoposti agli stimoli innovativi, si manifesta in maniera diversificata in funzione delle rispettive resilienze, cioè i soggetti reagiscono ai traumi dell’innovazione culturale in maniera differenziata.

Fin qui una premessa sintetica sui condizionamenti esercitati dalla tecnologia digitale, nelle sue espressioni ed applicazioni più ampie, sugli uomini da qualche decina di anni a questa parte.Tutti questi elementi, ed altri ancora, hanno fatto sì che gli adulti italiani, in una percentuale molto apprezzabile, hanno rinunciato ad adattarsi alle innovazioni tecnologiche per cui la causa di tanti disadattamenti dei giovani o dei loro piccoli-grandi “delitti” è proprio da attribuirsi alla “distrazione” dei genitori, alla loro incapacità di capire le nuove modalità di dialogo dei figli, alla pigrizia mentale che impedisce loro di “accompagnare” gli stessi figli nell’utilizzo dei mezzi mediali (vedi anche televisione), nella loro ostinazione a non voler comprendere che è inevitabile o impossibile non utilizzare certi mezzi quali i device mobili dell’ultima generazione (tablet e smartphone) che tanto sono utili e indispensabili e molto pure possono fare nel creare danni agli utilizzatori non responsabilizzati, in particolare ai minori non ancora dotati di autonoma capacità critica.

L’analisi non sarebbe completa se non facessimo riferimento al naturale salto generazionale, che da sempre è esistito, che si accentua in quella fase molto critica dei giovani che è l’adolescenza. Se si aggiunge che l’epoca che stiamo vivendo è fortemente condizionata da correnti di pensiero e atteggiamenti sociali fortemente relativistici per cui, interpretando il pensiero di Zigmunt Bauman – teorizzatore della società liquida – non è strano che i giovani, gli adolescenti in particolare, siano oltremodo smarriti, cerchino riferimenti che spesso non sono significativi se non addirittura devianti o perdenti; infatti Bauman parla di “sradicamento degli individui dall’epoca della modernità solida”. Pertanto, innanzitutto, che ogni persona, tanto più i giovani abbiano/acquisiscano una identità. Continua ancora Bauman: “Oggi, grazie ai nuovi media, è facile inventarsi o cambiare più volte identità. Si pensi ai social network. Sartre parlava di modelli di vita, oggi siamo sottomessi alla tirannide del momento. Come un’àncora che si getta o si ritira dove meglio si crede. Ma non si forma senso di appartenenza, elemento fondamentale dell’identità. Una volta l’appartenenza si acquisiva nascendo in una certa comunità nella quale da stranieri era difficilissimo entrare; e anche dopo molto tempo ci si sentiva sempre sotto esame e a rischio di espulsione. Ora al concetto di comunità si è sostituito quello di rete. Sono sufficienti una rubrica su un telefonino o l’elenco dei contatti su Facebook. La comunità era intransigente e quasi impermeabile, ma garantiva grande sicurezza; nella rete c’è grande libertà, ma nessuna sicurezza e tutto dipende dalla connessione o disconnessione”.

Queste riflessioni di Bauman sono fondamentali per capire la logica di chi pratica il bullismo. Attraverso lo schermo il cyberbullo ha “potere”, perché protetto dall’anonimato. Attraverso l’anonimato il cyberbullo può offendere, minacciare, condizionare, coinvolgere altri in maniera virale, può avere ragione, può apparire addirittura simpatico, raggiungere migliaia e più di amici, il suo messaggio potrà essere rilanciato allargando la platea virtuale, ma sarà sempre un “illegale”, un prepotente, una persona che dovrà essere perseguito e da cui gli altri giovani devono imparare a difendersi. I bulli tradizionali di solito esercitano le loro oppressioni verso persone che conoscono, amici o semplici conoscenti. Invece, attraverso la rete le vittime di solito sono persone sconosciute verso cui con più freddezza si esercita l’azione di persecuzione, divenendo più cattivi, rasentando e a volte andando oltre la legalità tanto non si corre il pericolo di essere preso da uno scrupolo di coscienza perchè le vittime sono illustri sconosciute. D’altra parte nella rete virtuale con più certezza e razionalità possiamo scegliere chi includere e chi escludere operando, quindi, con più gratificazione, freddezza e cattiveria. Ancora Bauman afferma: «Tutti noi senza eccezione viviamo adesso, a intermittenza ma assai spesso simultaneamente, in due universi: online e offline»; ciò ci conduce all’interno di un labirinto di specchi, in cui la nostra immagine ci viene restituita moltiplicata e deformata.

L’Osservatorio sulle tendenze e comportamenti degli adolescenti, presieduto da Maura Manca, psicoterapeuta e direttore di AdoleScienza.it, ha effettuato un’indagine su un campione composto da circa 7.000 adolescenti tra i 13 ei 18 anni di 11 città campione in tutta Italia, dal Nord al Sud. Da questa indagine è emerso che un’altissima percentuale di adolescenti usa lo smartphone; infatti, l’indagine conferma che tra selfie e social i nostri figli passano in media 7 ore al giorno sul web, ma c’è anche chi arriva a 13 ore. Inoltre, il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network, fino alla gestione parallela di 5-6 profili e di 2-3 App di messaggistica istantanea. Il 71,5% lo utilizza anche durante l’orario scolastico. Questi adolescenti tengono a portata di mano il telefono quasi tutto il giorno e il 12%, oltre un ragazzo su 10, si sveglia durante la notte per leggere le notifiche e i messaggi.

Il problema del bullismo in generale è un fenomeno virale grave soprattutto nelle scuole ma è presente fortemente negli altri ambienti collettivi frequentati dai giovani.

Tutto ciò considerato, cosa fare? Innanzitutto, bisogna muoversi sul fronte della formazione ma anche della repressione visto che ogni giorno si verificano casi sempre più gravi.

Sul piano della formazione, al momento attuale, bisogna attivarsi con l’associazionismo (come da sempre fa l’Aiart) che può sviluppare programmi formativi di media education, possibilmente d’intesa con le scuole, tale che i giovani possano acquisire quelle necessarie competenze affinchè acquisiscano capacità critica per un uso responsabile di tutti i media, compreso la televisione, sia quella tradizionale sia quella attraverso il web. E ciò dovrebbe durare fino a quando in Italia la scuola pubblica non farà quel passo avanti di civiltà introducendo la Media Education nei curriculi scolastici; di tanto si deve far carico il Parlamento italiano predisponendo una legge che possa far fare questo passo in avanti alla scuola italiana.

Intanto, in Parlamento il 3 febbraio 2016 è stata depositata una proposta di legge, assegnata alla 2^ Commissione (Giustizia) e alla 12^ Commissione permanente (Affari sociali) della Camera dei Deputati in sede referente l’11 febbraio 2016 avente per tema: “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del bullismo, anche informatico” che si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione e tutela nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti. La proposta di legge è strutturata in 6 articoli ed ha come finalità il contrasto dei fenomeni del bullismo e del bullismo informatico, prevedendo azioni di carattere preventivo e repressivo. In un articolo è previsto l’attuazione di un piano integrato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che prevede un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo. Detto piano è integrato con il codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il contrastodel cyberbullismo, rivolto agli operatori che forniscono servizi di social networking e agli altri operatori della rete internet. Infine, in un altro articolo sono previste linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto in ambito scolastico. Le linee di orientamento includono: la formazione del personale scolastico, prevedendo la partecipazione per ogni autonomia scolastica di un proprio referente; la promozione di un ruolo attivo degli studenti nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole; la previsione di misure disostegno e rieducazione dei minori coinvolti; un efficace sistema di governance diretto dal MIUR.

Infine, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nell’ambito della propria autonomia e nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, promuovono l’educazione all’uso consapevole della rete internet, quale elemento trasversale alle diverse discipline curricolari, anche mediante la realizzazione di apposite attività progettuali aventi caratteredi continuità tra i diversi gradi di istruzione. L’augurio è che questa legge possa andare avanti senza intoppi.