Maurizio Costanzo. La quasi morte di un (altro) “amico mediale”.

Nonostante le numerose adulazioni o i vari lati oscuri più volte riportati da molti giornali in questi ultimi giorni, non vi è dubbio sul fatto che Maurizio Costanzo abbia conquistato la televisione e il pubblico di tutta Italia.

Rimane alla storia come il giornalista “tuttofare” tra musica, tv e teatro.

Come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera la prima immagine che viene in mente di Costanzo “è come sia riuscito a trasformare la sua tv in un palcoscenico casalingo, in una sintesi di modelli comunicativi in cui si ritrovano la denuncia civile e la chiacchiera futile, l’impegno e l’esibizionismo, il dolore e, giustamente, anche la vacuità del banale”. 

Costanzo ha incarnato un genere, il talk show. Nessuno come lui, forse, ha saputo intervistare e suscitare la chiacchiera in libertà. E anche per questo si è conquistato negli anni milioni e milioni di telespettatori, artisti e gente comune. Gli stessi che numerosi hanno partecipato ai funerali rilasciando dichiarazioni di ogni tipo, ma che ben facevano comprendere l’affetto, il legame e la profonda stima nei confronti di questo personaggio. 

Ma che tipo di rapporto si è creato negli anni tra il giornalista e (soprattutto) le persone che facevano esperienza delle sue trasmissioni attraverso i media?

Da un punto di vista socio-mediologico, potremmo dire che Maurizio Costanzo è un altro “amico mediale” che se ne va.

Un altro Personaggio di successo che grazie al medium elettronico televisivo ha “invaso” le case di molti italiani, intrattenendo, trasmettendo show in diretta, facendo vivere la stessa esperienza (mediale) reale ai suoi pubblici in studio e da casa.

Come afferma Meyrowitz, infatti, i media elettronici hanno cambiato il significato relativo agli incontri reali e mediali; ora gli attori sociali “vanno” dove non vorrebbero, o non saprebbero, andare, e il pubblico li “assiste” a eventi lontani.

Per comprendere meglio tale aspetto, è particolarmente interessante, nel caso specifico, il modello dell’interazione para-sociale proposto da Horton e Wohl nel 1956.  Sicuramente non cosi recente da un punto di vista della letteratura scientifica, ma in buon parte ancora più che valido, considerando che la carriera di Costanzo ha avuto inizio proprio in quel periodo.

Per i due studiosi i nuovi media ci danno l’illusione che siano possibili faccia a faccia interazioni con attori o politici, a tal punto che le reazioni del pubblico, di fronte al personaggio televisivo, “sono analoghe a quelle di un gruppo primitivo. Entriamo in contatto con gli uomini più lontani e illustri come se fossero nostri pari” (Horton, Wohl, p.215).

Questo tipo di rapporto viene definito “interazione para-sociale”. 

Un rapporto tra personaggio televisivo e pubblico che, benché mediato, assomiglia psicologicamente all’interazione faccia a faccia. I telespettatori arrivano al punto di sentire di “conoscere e di incontrare” quel cantante o presentatore, come se fossero amici e colleghi. 

In alcuni casi ritengono di capirli meglio di qualsiasi altro telespettatore.

Paradossalmente l’attore para-sociale è in grado di creare “un’intimità con milioni di persone”. Compreso questo aspetto, i personaggi dello spettacolo hanno iniziato a sfruttare l’intimità dei nuovi media (fino a scoprire quanto fosse inevitabile con il miglioramento delle tecnologie digitali).

Questo modo intimo e personale ha fatto sì che molti giornalisti, artisti, non fossero più giudicati solo per il loro talento, ma anche per la loro personalità. Sostiene Meyrowitz, come il modello para-sociale spieghi anche perché molte stelle del cinema, della musica o candidati politici abbiamo deciso di scegliere e interpretare canzoni, discorsi, film, sempre più ricchi di dettagli personali nel corso della loro carriera.

Durante la visita al Campidoglio, nel ricordare Costanzo, lo stesso Lino Banfi ha aggiunto una informazione privata al suo discorso ai media, ricordando la recente scomparsa della moglie.

Molti di coloro che hanno voluto ricordare e salutare Maurizio Costanzo sono stati per lo più colleghi-affezionati e/o telespettatori “anziani” (considerando l’età del giornalista scomparso).  Un elemento non così banale in relazione all’interazione para-sociale, considerando che poiché i media offrono tipi di interazioni e di esperienze un tempo limitati a incontri intimi dal vivo, influenzano più facilmente quei pubblici spesso separati, a livello fisico o psicologico, dalle quotidiane interazioni sociali.

Per Levy (1979), invecchiando i telespettatori rafforzano con il personaggio televisivo il loro rapporto para-sociale, fino a considerarlo un vero e proprio amico e rispondendo “verbalmente” alle sue affermazioni in diretta, da casa.

E dunque di fronte alla morte di un personaggio di successo, così seguito e famoso, il rapporto mediato crea un “nuovo genere di dolore umano”.

A differenza di quando muoiono amici o parenti reali, la morte di un amico mediale non comporta rituali tradizionali o modi precisi di consolare il parente o l’amico del defunto. Il lutto per un amico parasociale è pieno di paradossi e di senso di impotenza (ad es., il tentativo di consolare la famiglia della persona deceduta sarebbe considerata un’intrusione da parte di estranei).

Perciò migliaia di persone scendono in strada e vegliano accanto al luogo dove il loro amico mediale è morto o vissuto, e puntualmente i media procurano i canali più ritualizzati del lutto, presentando retrospettive speciali.

Anche se, in realtà, gli amici mediali non muoiono completamente.

Paradossalmente gli unici mezzi attraverso i quali le persone sono riusciti a conoscerli (tv, dischi, radio..) sono ancora disponibili, e conservano le loro “tracce artistiche” espandendone pubblicamente il ricordo.

Chiaramente il modello di Horton e Wohl non tiene conto della tendenza evolutiva in generale che ha influito anche all’interno di ogni tipo di medium verso una progressiva diminuzione delle differenze tra incontri mediati e dal vivo.

In ogni caso è innegabile che il rapporto tra Maurizio Costanzo e il suo pubblico non è distrutto, ma solo raffreddato.

Giacomo Buoncompagni, Università di Firenze – AIART MARCHE

© Immagine di copertina Corriere.it