Settant’anni di Rai: quale futuro per il servizio pubblico?
da Il Telespettatore n. 1-3 2024.
Le trasformazioni della televisione italiana: dal monopolio alla necessità di adattarsi ai nuovi linguaggi e dinamiche digitali. Il ruolo guida dell’Italia come laboratorio di innovazione culturale e digitale nel contesto globale.
La Rai com’è noto quest’anno festeggia un doppio anniversario, quello dei cento anni della radio e delle trasmissioni della fu Eiar su cui venne rifondata l’azienda di Viale Mazzini dopo la Seconda Guerra Mondiale, e quello della TV. In Italia dire Rai e dire TV è stato sinonimo almeno fino all’avvento delle concorrenti private, e ancora oggi per molti aspetti la televisione pubblica rappresenta un punto di riferimento per i mezzi a disposizione e per la pluralità dell’offerta di cui dispone. La trasformazione da una tv pedagogica e paternalista, come tutti i monopoli del resto, in un broadcaster votato al pluralismo prima e la rincorsa per lo share alle tv commerciali poi hanno cambiato, forse snaturato, il suo ruolo primario di servizio pubblico.
Ma è così?
“Non di solo Maestro Manzi vive la Rai”, spiega con una battuta il professor Giampiero Gamaleri, già ordinario di sociologia della comunicazione a Roma Tre ed ex Consigliere di Amministrazione dal 1998 al 2002 (quindi uno che la tv e la Rai, la conosce molto bene), la necessità di superare l’idea che il servizio pubblico debba concentrarsi esclusivamente su programmi educativi e culturali. Per Gamaleri infatti “Il servizio pubblico non deve limitarsi a fare cultura ed educazione, ma deve trattare tutti i gangli fondamentali della società contemporanea”. A questo si aggiunge l’importanza di fornire una narrazione storica condivisa attraverso ad esempio la fiction televisiva: “La Rai dovrebbe illustrare i pilastri della nostra storia nazionale e mondiale con rigore e capacità espressiva, per aiutare i giovani a sviluppare uno spessore di giudizio”. “La Rai deve essere la costruttrice della nostra storia, promuovendo una visione pluralistica e stimolando il pensiero critico in modo accattivante”. C’è riuscita nel tempo? “In maniera altalenante, come tutte le cose”. Del suo mandato nel Consiglio di Amministrazione Rai, Gamaleri ricorda con orgoglio l’avvio di importanti iniziative, tra cui la fondazione di Rai Cinema. Sottolineando l’importanza di queste scelte: “La fondazione di Rai Cinema era nell’ambito di un disegno di fondazioni di società consociate o divisioni autonome, capaci di camminare con le loro gambe e rispondere sui dati culturali ed economici che loro stessi esprimevano”. Una idea di responsabilità e autonomia del management che ha portato bene, sono molte le produzioni targate Rai Cinema che finiscono premiate in giro per il mondo. La riforma del 1976 quella che ha introdotto una forma di pluralismo e vitalità culturale nella Rai, suddividendola in reti separate, ha aperto un tema di costante riflessione mediatica e politica “Questa suddivisione ha permesso una maggiore differenziazione delle voci e delle prospettive all’interno della programmazione” spiega Stefano Balassone autore televisivo, già vicedirettore di RaiTre (che contribuì a portare dal 2 al 10%) e poi Consigliere di Amministrazione, giornalista e studioso dei media. Caso specifico poi le testate giornalistiche “Le diverse testate, come TG1, TG2 e TG3, hanno riflessi politici e ideologici distinti, che si sono riflessi nelle loro linee editoriali e nella presentazione delle notizie” una contrapposizione nata durante la Prima Repubblica, ma che poi con Tangentopoli prima e con la trasformazione del panorama politico dopo è andata via via scemando. In tutto questo si innesta anche la crisi generale della stampa – provocata prima dalla tv privata e poi da internet –, in cui “La RAI – dice Balassone – ha garantito stabilità economica per molti giornalisti, fornendo posti di lavoro e contributi previdenziali”, in un clima osmotico tra potere politico e presenza nelle redazioni, contribuendo a rafforzare l’idea di una Rai politicizzata.…….continua sul numero del Il Telespettatore 1-3, 2024.