Trent’anni dopo il Muro di Berlino l’ideologia è tutt’altro che morta: disarmiamola con la realtà

Fonte Agensir.it

Prepotente e violenta, l’ideologia è tornata ad avvelenare i pozzi della Storia e i giorni di vita degli europei. L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin il prodotto più efferato di una ideologia costruita negli ultimi 15 anni del nuovo secolo, dopo la grande illusione che tutti avevamo condiviso: l’abbandono definitivo delle ideologie del secolo scorso che avevano trovato una sintesi immaginifica nel crollo del Muro di Berlino, nell’ormai lontanissimo 1989. Trent’anni dopo scopriamo che l’ideologia è tutt’altro che morta e che si ripresenta, sotto nuove vesti, nel secolo nuovo. Con il rischio, più che mai reale, che alle idee sbagliate seguano scelte catastrofiche.

Prepotente e violenta, l’ideologia è tornata ad avvelenare i pozzi della Storia e i giorni di vita degli europei. L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin il prodotto più efferato di una ideologia costruita negli ultimi 15 anni del nuovo secolo, dopo la grande illusione che tutti avevamo condiviso: l’abbandono definitivo delle ideologie del secolo scorso che avevano trovato una sintesi immaginifica nel crollo del Muro di Berlino, nell’ormai lontanissimo 1989.

Trent’anni dopo scopriamo che l’ideologia è tutt’altro che morta e che si ripresenta, sotto nuove vesti, nel secolo nuovo.

Con il rischio, più che mai reale, che alle idee sbagliate seguano scelte catastrofiche.

Ma di quale ideologia si tratta? Una sintesi eccellente è suggerita dallo storico Andrea Graziosi: la “Grande Russia”.

Graziosi sostiene che “da almeno quindici anni Putin va teorizzando il ritorno di una grande potenza slava dominata dalla Russia e fondata su ordine, gerarchia, ideologia illiberale e disprezzo per l’Occidente corrotto”.

L’architettura retorica di Mosca si nutre di pezzi di storia molto diversi.

“Da una parte – precisa lo storico – risale al grande nazionalismo russo precedente il 1914, dall’altra recupera l’eredità di Stalin scegliendo come evento legittimante del nuovo Stato russo la vittoria sovietica nella seconda guerra mondiale: una guerra di liberazione dai nazisti, certo; ma anche – come ci ha raccontato Vasilij Grossman – una guerra di oppressione dei popoli dell’Europa orientale”. A queste radici storiche s’aggiunge, non meno importante, la retorica dell’umiliazione che il popolo russo avrebbe subito dopo il crollo dell’Urss. “Quello della nazione umiliata – annota Graziosi – è un mito che muove le guerre. Basti pensare all’uso che ne fece Hitler”.

In questo disegno della “Grande Russia”, il leader del Cremlino avrebbe ritagliato per sé il ruolo dello “zar rifondatore”.

Dinanzi a questo protagonismo deleterio dell’ideologia totalizzante, risuonano le parole provvidenziali di Papa Francesco scritte profeticamente alcuni anni fa nel testo fondativo del suo Pontificato, ovvero l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”.

Quando il Papa affronta il tema del bene comune e della pace sociale scandisce il principio che “la realtà è superiore all’idea”. “Questo implica – scrive il Papa – di evitare diverse forme di occultamento della realtà: i purismi angelicati, i totalitarismi del relativo, i nominalismi dichiarazionisti, i progetti più formali che reali, i fondamentalismi antistorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi senza saggezza”.

Dinanzi a questa visione profetica verrebbe voglia di scolpire quelle parole (“la realtà è superiore all’idea”) su tutti i palazzi del potere, ma soprattutto nelle coscienze di chi ha la responsabilità di guidare i popoli.

Perché solo quando l’idea prende il sopravvento sulla realtà si possono chiudere gli occhi dinanzi alle conseguenze di scelte tragiche come le guerre. Solo allora si può fingere di non vedere i corpi straziati dei bambini, le fosse comuni in cui sono allineate scompostamente le vittime dei bombardamenti, i volti bagnati dalle lacrime di quanti hanno perso davvero tutto, le fughe di massa verso porti sicuri, le case sventrate dalle bombe che intelligenti non lo sono mai.

Ecco il frutto più amaro dell’ideologia: l’appannamento della coscienza.


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